giovedì 4 agosto 2016

Sangue blu

Ed eccomi qua dopo il post precedente,  dove mi sono del tutto lasciato andare e ho assunto uno spirito pro-ana pazzesco, sembravo un disperato che bramava anoressia come se fosse una cosa indispensabile alla vita.
Ebbene, adesso proverò a fare un post più sobrio rispetto al precedente, trattando situazioni importanti e peripezie, ma anche piccole sfaccettature bizzarre.
Sebbene quel post è stato un post impulsivo, impetuoso e per certi versi stupido, ci sono però diverse cose che condivido ugualmente adesso, dall'incomprensione alla sconclusionatezza...Come se volessi dire tanto ma non riesco a dare forma a questo tanto in parole e discorsi.

Per cominciare voglio affrontare il tema del mio percorso psicologico e della nuova psicologa che mi ha proposto tale percorso.
Dopo un "tragico" tentato suicidio fallito, si va dalla nuova figura psicologica che dovrebbe tirarmi fuori dal vortice in cui sono finito, ed è inutile dire quanto questa figura per i miei familiari assume il ruolo di stregone, negromante e sciamano che ha la cura racchiusa in una pozione.
Pretendono quasi che nel giro di qualche seduta ci sia un miglioramento, trascurando quanto sia difficile approcciarsi, quanto difficile sia stabilire un rapporto e così facendo vanno a mettere in enorme difficoltà il sottoscritto, soprattutto quando pongono domande del tipo: "cosa hai fatto nella seduta?"
"Ma in cosa consiste la terapia?"
Che nervoso, una cosa tremenda.
Prescindendo dal fatto che a me da fastidio qualsiasi domanda legata al mio DCA e a tutto ciò che ne deriva, io credo che queste domande siano fastidiose per chiunque e non solo per me e quelli come me che sono particolari.

Mi trovo, quindi, difronte a una nuova psicologa, la quale garantisce prima ai miei e poi a me la buona riuscita della sua terapia, con l'esito finale (ovviamente) di farmi stare bene e di farmi riprendere la vita in mano come giusto che sia.
Ad essere sincero l'approccio iniziale mi è piaciuto, mi è subito parso di trovarmi davanti una persona competente, o quantomeno professionale, le prime sedute scorrevano con tranquillità e la cosa che mi ha sorpreso molto è stata che non mi ha indicato di compilare un diario alimentare dopo ogni pasto o fuori pasto indesiderato. All'inizio mi sono sentito, come dire, svincolato da un peso, e ad essere sincero l'ho sempre trovato inutile stare a scrivere cosa mangiavo, specialmente dopo un'abbuffata era veramente sgradevole fare questo lavoro, mi ricordava solo quanto avevo sbagliato per l'ennesima volta e mi faceva ripercorrere il dolore passo dopo passo con l'elenco di ciò che avevo divorato.
Poi però qualcosa è incominciata a non piacermi, non mi piaceva quello che diceva, quello che pensava dei DCA, non mi andava giù l'ipotetica causa dei disturbi alimentari. Proprio qui la psicologa ha perso la mia fiducia iniziale, commettendo l'errore più stupido che si poteva commettere: generalizzare.
Generalizzare disturbi come questi è una negligenza che ahimè, purtroppo, ho riscontrato in ogni psicologo, psicoterapeuta o psichiatra che sia, incontrato finora (escluderei solo la prima psicologa, che, capito di non riuscire a fare più niente, prima che essere professionale e dottoressa è stata umana e mi ha detto esplicitamente di cercare altro).
Ma poi... Parlare del contenuto delle sue terapie, delle sue idee sui disturbi alimentari.
Bene, inizio col dire che si tratta di cose tutte al quanto stravaganti.
In pratica, per farla breve, lei diceva che i disturbi alimentari erano frutto di un "programma d'infessimento di massa" , che tutti i DCA ci erano stati inculcati con i contenuti cinematografici, con i contenuti presenti nei videogame e compagna bella, che in sostanza noi è come se fossimo posseduti da un entità negativa e astratta creata in parte da noi e in parte da tutti questi contenuti assimilati col tempo.
Teorie del complotto direi e ne ho avuto la conferma quando inizió a parlare di intelligence, quando cominciò a discriminare l'America come un russo comunista incallito e quando poi, come ciliegina sulla torta, va a parlarmi anche di religione come una delle cause.
Beh, che dire se non che sono rimasto allibito, anche se non glielo davo a vedere, giusto per constatare dove poteva arrivare con queste sue congetture, che poi tutto sommato quello che diceva a mio avviso erano cose sterili, soluzioni che rappresentavano vicoli ciechi... imput aridi e inutili.
Ok, non ho per caso il motivo di far entrare in gioco la mia presunzione adesso? Che poi forse tanto presunzione, in questo caso, non la chiamerei, bensì la chiamerei "lume della ragione".
È in situazioni come queste che mi sento totalmente incompreso, che mi sento di occupare una posizione superiore rispetto ai vari dottori, che mi sento come un nobile in mezzo ai poveri.
Per non parlare dell'aspetto più di difficile della cosa, riuscire a dire ai miei genitori che anche la nuova psicologa non va bene, perché loro, per quanto mi hanno detto che al minimo problema avrei cambiato strada, mi considerenranno come un'esaltato e come un presuntuoso.
Non ci posso far nulla cari mamma e papà, io mi sento superiore a quei dottori tanto stimati, almeno rispetto a quelli incontrati fino a questo memento, sento di saperne molto più di loro sul mio DCA, sento di dovermi sempre abbassare al loro livello per poter comunicare e quantomeno cercare di interagire alle loro terapie.
Io cerco di stare al loro "gioco", per modo di dire, perché spero che trovano una soluzione a tutto quello che ho, mi impegno a non sembrare esterno al loro percorso, mi impegno in tutto e per tutto, ma se poi sono loro ad uscire fuori strada e a farmi sentire una specie di essere superiore dal sangue blu? Io cosa posso farci?
A un certo punto mi stanco, come giusto che sia, e metto fine alla terapia, per il semplice e importantissimo motivo che la trovo, ma sì...che è  inutile!
Lo dico senza titoli o chissà che, lo dico come chi vive certe situazioni e bene o male ne sa abbastanza.
Non ho ancora troncato con questa psicologa, ma lo farò, come forse già detto, appena ne avrò modo.
Non mi va di intraprendere ulteriori guerre psicologiche giocando fuori casa ma allo stesso tempo su un suolo che è niente meno che il mio povero corpo martire.

Adesso isolato il caprio espiatorio resto io, sempre e solo io con la mia presunzione, io con il mio desiderio di me stesso.
Io che mi sento superiore e proprio non riesco a farci nulla.
Mi sento pervaso da una cazzo di nobiltà intellettuale che mi dà ebrezza, mi eccita quasi, eppure mi sento fragile sotto ogni punto di vista, nonostante il mio strato di cinismo e freddezza, uno strato troppo visibile e ingannevole.
Sto impazzendo. Mi sento di implodere, ho tante di quelle cose dentro e nonostante stia stilando trattati, non trovo un qualcosa attraverso cui esprimermi appieno.
Inizio a sentirmi perso, perso in quel vuoto che mi opprime e come difesa io mi abbuffo, quasi lo faccio automaticamente e pure se provo dolore, non riesco a fare proprio nulla per fermarmi.
Vengo sempre più divorato, giorno dopo giorno, dal mio edonismo, dalla mia volontà troppo grande di vivere diversamente da come vivo, dal mio fare di gran intellettuale.
Mi sento onniscente e poliedrico rispetto ad ogni cosa su cui pongo l'occhio, una condizione piacevole e allo stesso tempo illusoria, che mi si ritorce contro.
A volte, a mente libera, riesco ad osservare da fuori tutta la mia situazione e a pensare quanto sia sprecato vivere così, a quanto sia riprovevole subire una cosa come il disturbo alimentare.
Ciò mi suscita rabbia, rabbia che si evolve nelle forme più intense e corrosive quando osservo altre persone, altri ragazzi che sono spensierati, che vivono la loro vita senza uno scheletro nell'armadio più grosso dell'armadio nel mio caso.
Ragazzi che si godono la vita e, seppur lo fanno nella forma più stupida che si possa immaginare, mi suscitano una veemenza tale da tenermi di pessimo umore per un lasso di tempo molto lungo.
Nonostante ciò, nonostante loro vivono e io combatto con il mio mostro, mi sento una spanna sopra, come se il DCA fosse un qualcosa di molto grande che ti tempra come una persona vissuta.
Per non parlare del fatto che io anche senza includere il DCA vivrei sicuramente queste condizioni, di sicuro mi sentirei superiore a determinate persone.
Non posso proprio farci nulla se mi sento come un cazzo di pensatore metafisico e perso nei meandri di una filosofia tutta sua, talmente complessa che a volte nemmeno io riesco ad accedervi.
Non posso farci nulla se mi sento così, magari sarò io quello banale, quello attaccato alle apparenze, che per aprire gli occhi ha bisogno di questi schemi, di questi piani mentali e non riesce a farlo con semplicità così come dovrebbe essere.

Si, ribadisco di sentirmi uno col "sangue blu", ma forse questo in un mondo che non esiste, in un mondo che ho creato io per poter cercare di vivere nella realtà.
Non ne ho idea a dir la verità, la confusione dettata dalla stanchezza è sovrana e non so se con questo post sono riuscito a dire quello che volevo dire, ma d'altronde solo adesso sto iniziando a capire, a comprendere.

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