sabato 7 gennaio 2017

Un brutto capitombolo

È da tanto che non scrivo, davvero tanto, diciamo che ho trovato difficoltoso spiegare come le cose si stessero evolvendo, perciò ho messo in "panchina" il blog.

Cos'è successo in quest'arco di tempo ? Mh, tante cose,  tra periodi negativi e positivi sono successe tante cose, cosa più importante è che mi è stato diagnosticato il disturbo borderline della personalità.
Cosa c'entra tale disturbo con un DCA?
Il DCA è un sintomo, la punta dell'iceberg di tutto il problema, ed essendo io borderline il mio DCA è come se fosse sottoposto a un moltiplicatore in funzione dalla mia instabilità emotiva, in funzione di tutto quello che concerne un BPD.
In effetti dopo questa diagnosi qualcosa mi è stato più chiaro, non mi riferisco solo ai miei disordini alimentari, ma mi riferisco alla mia vita sotto ogni sfaccettatura, sin da sempre io ho vissuto in risposta a "comandi", a impulsi, chiamiamoli come ci pare, non del tutto normali.
Io ho vissuto camminando su una linea di confine, che usando un linguaggio più dottoresco si trova tra nevrosi e psicosi, detta in parole meno fredde è un qualcosa che ti pone tra normalità e follia; una caratterizzazione di neutralità in cui la neutralità assume il suo aspetto negativo, ed è qui allora che la si può chiamare instabilità, fulcro di un disturbo della personalità borderline.

Per spiegarla in modo ancora più semplice, per volerla spiegare in modo tale che anche un bambino capisca, che diamine è un soggetto borderline?

È una via di mezzo, una linea che separa due mondi.
È il pomeriggio della vita, che separa il giorno dalla notte.
È una contraddizione, a volte buono a volte cattivo.

Già, non ci descrivono come belle persone, alla fin fine fanno capire che siamo dei cani sciolti che però non sono del tutto sciolti, se lo fossimo non saremmo considerati borderline ma ci verrebbe etichettata qualche psicosi.

La cosa che più mi dà rogna però è quel dannato disturbo alimentare, si, alimentato assiduamente  dall'essere me stesso, come se fosse in simbiosi con la mia parte irrazionale, al contempo però io sia consciamente che incosciamente sono intollerante alla cosa. Sono insofferente!
E sì, questo disturbo alimentare atipico pseudo-bulimico ormai non mi dà nemmeno più piacere nell'atto dell'abbuffata e nell'eventuale atto compensatorio, sto male anche quando consumo il cibo ora, non solo dopo.
Io del cibo ho paura, tanta paura, eppure ho quei momenti in cui sarei capace di mangiare cose scadute, cose dal sapore insipido come pane integrale vecchio di 3 giorni e patate al forno fredde. Ve le immaginate quelle patate? Tutte fredde, pastose, che si bloccano in gola e una volta degludite lasciano il bruciore.
Durante il giorno non sto mangiando più, o almeno quasi nulla, poi di notte beh mi precipito in dispensa e mangio ciò che trovo, anche se non trovo molto ( questa è un'altra storia legata a quelle due figure che DEVO chiamare mamma e papà ). Mi aspetto che mi si venga a dire: " Beh Graziano è ovvio, se non mangi regolare ed equilibrato come puoi non avere attacchi di fame improvvisi". D'accordo, ci sta, e in parte è esatta come constatazione, il punto è che io anche mangiando in modo più o meno bilanciato ho problemi di quel tipo ed è anche peggio poi cadere sotto i colpi di un'abbuffata.
Io non riesco più a capire come funziona il nutrimento, come dovrei rispondere agli stimoli della fame e come gestire il fattore emozioni rispetto al cibo, che vi ricordo è una cosa che non appartiene solo a chi soffre di DCA,  ma per chi ne soffre la questione è decisamente più ramificata e complessa.
È davvero molto contorto tutto ciò, se inanello un'emozione negativa si innesca un meccanismo che mi porta al craving, inizio a percepire l'astinenza più pura e dolorosa di cibo, è quasi come se fossi assuefatto completamente dal cibo.
Non c'è molta scelta, c'è solo lo spasmodico bisogno di abbuffarmi con la consapevolezza di andare incontro all'autodistruzione, ed è così fastidioso, così doloroso...
Mi sento così sporco, così in difetto verso le mie aspettative, così dannatamente scisso in due parti contrastanti eppure che si incastrano, e tutto questo mix micidiale mi porta a un livello di impotenza umiliante. Sono lo straccio della malattia, sono il giocattolo della malattia, lei ( e dico lei, non essa ) mi mette i piedi in testa perché a questo punto della storia non sono più io che comando, non ho più quel controllo che tanto mi manca. Non so più chi o cosa sono in effetti, se mi ci soffermo sul serio non ne arrivo a capo.
È tutto strano, anche più strano di prima quando le cose pur andando male seguivano un senso logico, negativamente particolare, ma logico. Ho sempre parlato di brancolare nel buio, ma ora il buio per me è solo un qualcosa di pallido.

Non sopporto più questa asfissia mentale che mi comprime e mi schiaccia, io non voglio vivere così, in vene ho un'overdose di rabbia mista a irrequietezza e non è affatto piacevole se si è chiusi in una giara avvolta a spirale che ti riavvolge il nastro di continuo.

Mi piacerebbe svanire, sarebbe molto più semplice.

1 commento:

  1. penso che tu abbia fatto male a lasciare quella psicoterapeuta.è tra i più bravi in Italia. Leggi 135 chili di bignè,pane e merendine e ti farai un'idea della situazione in cui ti sei cacciato.gli altri specialisti..incompetenti oserei dire...è normale che ti dicano che sei borderline...ma mica ci sei nato :) puoi uscire da tutto questo.

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